Hijra

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Per Saif c’è un prima e un dopo, il prima è l’infanzia a Rawalpindi, insieme ad Amma Shakeela, sua mamma, i due fratelli minori e la grande famiglia del nonno materno, tutti dentro la stessa casa con il cortile scoperto da cui entra la pioggia e si vede il cielo, con la ritualità delle spezie e il cibo in comune, come anche i problemi; un dopo solitario a undici anni, quando Amma raggiunge Abba Shabbir, suo padre, in Italia, con i figli minori.

Il dopo sono i due anni di attesa prima di raggiungerli, esposto ai pericoli per il suo essere non conforme, perché Saif ama ballare, ama cucinare, ama pettinare i capelli delle cugine, tutte attività per “femmine”.

Ma il dopo è anche l’Italia, il ricongiungimento con i genitori a Belluno, accerchiato dalle montagne, lontano dagli odori conosciuti e dagli amici, sommerso dalla neve e dal pregiudizio che per la sua pelle e la sua cultura tutti gli cuciono addosso.

Quando torna in Pakistan, lo accolgono come il nipote italiano, che non può rappresentare le tradizioni familiari. Entrambi i paesi prendono le distanze da lui poiché non è “puro”. Troppo pakistano per gli italiani, troppo italiano per i pakistani, un apolide involontario, senza un paese che lo accolga e senza una famiglia che lo riconosca, perché Saif è omosessuale, o come dice il padre, un hijra, un mezzo uomo da virilizzare a forza di botte.

Come si conquista il diritto a definirsi in autonomia quando tutto ciò che ti riguarda sono etichette di altri?

Come si disegna l’identità all’interno di un universo oppositivo?

Un ragazzo in bilico tra due culture, ostaggio di un doppio pregiudizio, determinato a decidere da sé sui propri desideri, sulla propria identità e sulla propria appartenenza.

 

“Oggi Saif (che si pronuncia «Sef» ) ha trent’anni, vive a Bologna, dove si è laureato in Pedagogia e dove sta facendo un dottorato, ha un marito italiano di nome Carlo e ha deciso di raccontare, in un libro intitolato Hijra (per il quale è stato anche invitato al prestigioso festival newyorkese Multipli Forti), la propria vita senza censurare nulla, nemmeno lo stupro subito da un insegnante in Pakistan quando era bambino, la derisione dei compagni, l’esclusione, il razzismo e il doloroso coming out con la famiglia musulmana”.

Vanity Fair

 

“E così, in questo esordio che ha il tono dell’esortazione, della lettera, dell’ammonizione anche, che ascrive a sé la rabbia giusta di chi vuole essere uguale non per concessione ma per diritto, in questo romanzo profumato e piccante, insieme a tante altre cose c’è una Italia piccola nella quale nessuno di noi vuole vivere e che adesso, con gli occhi di chi è nato altrove e usa il suo corpo per misurare i luoghi che sembrano fatti per tutti, ma sono a nostra misura – la scuola, i commissariati, le stazioni – possiamo vedere, guardare e rifiutare”.

Robinson, Chiara Valerio

 

“Ha scritto un libro che è uno spaccato autobiografico senza censure, dallo stupro subìto nel suo Paese al coming out coi genitori”.

La Repubblica Bologna, Sabrina Camonchia

 

“Questo limpido controracconto di formazione illumina a giorno le contraddizioni e le esclusioni operate da due culture diverse sulla pelle, sul cuore di un essere umano che sta scoprendo il mondo e che vuole fortemente appartenere: fin da piccolo, al corpo di sua madre, agli abbracci mancati di suo padre, ad Allah, ai ragazzi di cui si innamorerà”.

Il Foglio, Annalena Benini

 

Hijra, che in urdu è l’espressione più sprezzante per indicare gli omosessuali, è un manuale prezioso per decrittare, attraverso l’esperienza dell’autore, l’algoritmo segreto dell’incontro con l’altro, lo straniero in quanto faglia, da Meursault-Camus a Farrokh Bulsara prima di diventare Freddie Mercury”.

Tuttolibri, Francesca Paci

 

“Un libro diretto, che lascia sgomenti, al cui interno c’è tutto”.

Gay.it, Lorenzo Ottanelli

 

“Un romanzo di formazione dove il 30enne pakistano cresciuto a Belluno mette in parole la sua esperienza. La storia di un ragazzo in bilico tra due culture, ostaggio di un doppio pregiudizio, determinato a decidere da sé sui propri desideri, sulla propria identità e sulla propria appartenenza”.

Corriere Alpi, I.F.

 

“Saif ur Rehman Raja non ha dubbi a voler rivendicare il proprio essere, in bilico tra due culture, musulmano, omosessuale o, come l’ha definito a lungo suo padre, in tono dispregiativo, un hijra, un uomo da ‘raddrizzare’ a suon di botte”.

Corriere di Bologna, Federica Nannetti

 

“È difficile condensare in poche parole questo romanzo che è una sinfonia ben costruita di tantissimi suoni a partire dalla musicalità piena di gradazioni di colore della scrittura. Un libro che scorre veloce, poetico e ammaliante, duro ma mai spietato anche quando potrebbe o forse sarebbe giustificato ad esserlo”.

Gazzetta di Mantova, Simonetta Bitasi

 

“Toccare il vero nome delle cose. Tentare di contraddire le peggiori tautologie che, orientando il modo di vivere, pretendono di definire anche i confini del cuore, rendendo faticoso, se non impossibile, l’esplicarsi della vita stessa. Fa questo Saif ur Rehman Raja, alla prova del suo esordio in narrativa. Una prova difficile, che tiene insieme il suo passato e il presente, il Pakistan dov’è nato e l’Italia dove vive, i tabù di genere, il razzismo, la violenza, la rabbia, la speranza infine”.

La Lettura, Carmen Pellegrino

 

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Descrizione

Titolo: Hijra
Autore: Saif ur Rehman Raja
ISBN: 9788860448002

Collana: Fandango Libri

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