Atti di ribellione in Memorie di una donna medico di Nawal al-Sa’dawi

Samlibrary94 / 19 giugno 2019

 

Continua il Blog Tour dedicato a “Memorie di una donna medico”, uscito il 13 Giugno per Fandango.
Mentre lo scorso mercoledì avete potuto leggere la splendida recensione di Daria, oggi parleremo di “atti di ribellione”.

 

 

Ribellione: il rifiuto di adeguarsi alla volontà altrui o alle norme sociali.

 

Dalla Marcia del Sale di Gandhi al discorso di Martin Luther King, dal movimento delle suffragette alle manifestazioni LGBT, la ribellione verso le convenzioni e le ingiustizie fa da sempre parte della nostra storia e proprio grazie ad essa possiamo oggi godere della libertà e delle possibilità che abbiamo.

La ribellione è anche il perno centrale della vita di Nawal al-Sa’dawi, scrittrice, psichiatra e attivista egiziana, che proprio grazie alla sua disobbedienza alle autorità e alle regole della sua società è riuscita a fare tanto non solo per se stessa, ma anche per molte altre donne, giungendo ad essere considerata la portavoce principale della condizione femminile nel mondo arabo.

La ribellione di Nawal comincia già durante l’infanzia, quando inizia a contestare le leggi retrograde e bigotte della sua famiglia. Il ruolo di donna che le viene imposto, quello della donna dedita alla cura della casa e dei figli e alla soddisfazione dei desideri del marito, le sta stretto, non riesce ad accettarlo, vuole essere libera.

Compie, così, il suo primo atto di ribellione contro l’autorità genitoriale: si taglia i capelli, mostrando al mondo e alla madre di non avere più paura.

«Come poteva amarmi e mettermi ogni giorno catene ai piedi, alle mani e intorno al collo?».

Nawal rifiuta quindi il ruolo di angelo del focolare e decide di cercare la sua strada e il suo posto nel mondo, continua a studiare, si rifugia nella scrittura, si impegna nelle prime lotte politiche e giunge, infine, alla nobile arte della medicina. Si iscrive alla facoltà di Medicina del Cairo, dove si laurea nel 1955, e, sebbene l’ineguaglianza sociale tra donne e uomini le sia sempre più evidente, in università prima, quando si rende conto delle occhiate dei suoi compagni di studio, nell’esercizio della sua professione dopo, quando alcuni pazienti si rifiutano di farsi visitare da lei perché donna, decide di non arrendersi mai.

«Perché avrei dovuto abbassare gli occhi quando gli altri studenti mi guardavano, chinare il capo se loro alzavano la testa, vacillare mentre loro avanzavano con arroganza e sicurezza? Io ero come loro, sarei stata come loro, anzi, sarei diventa migliore di loro».

La sua ribellione contro le convenzioni della società la porta a decide di vivere per se stessa: a due mariti possessivi preferisce la propria carriera di medico e scrittrice e alla protezione di uomini che vogliono tarpare le sue ali preferisce la propria libertà e indipendenza.

«Nella mia mente, l’odore della cucina si intrecciò inestricabilmente con l’odore che doveva avere un marito. Odiavo la parola “marito”, e odiavo l’odore del cibo».

Quando poi arriva nel suo studio una paziente vittima di violenze domestiche, capisce che la sua ribellione personale deve estendersi ancora di più, deve fare qualcosa per tutte le donne oppresse. Il suo attivismo politico si fa quindi sempre più intenso, cosa che la porta ad essere un punto di riferimento per tutte le altre donne arabe stanche della loro condizione di sottomissione.

Proprio per questa ragione, la Sa’dawi viene allontanata dal suo incarico presso il ministero della Sanità e, considerata pericolosa dal governo egiziano, viene arrestata nel 1981 e rilasciata solo alla fine dell’anno, un mese dopo l’assassinio del Presidente della Repubblica, al-Sadat.

 

 

Nawal fonda anche The Arab Women’s Solidarity Assocation, la prima organizzazione legale indipendente femminista, iniziativa che però provoca nei suoi confronti nuove persecuzioni e minacce da parte di gruppi fondamentalisti islamici e la condanna a morte per eresia. L’Associazione viene chiusa e dichiarata fuori legge e Nawal viene di nuovo arrestata, fino a quando, nel 1992, viene costretta all’esilio.

E, ancora oggi, i libri di Nawal sono sottoposti a censura: autorità religiose e statali l’accusano, infatti, di non rispettare i valori tradizionali e d’incitare le donne a ribellarsi contro la legge e la religione.

È questa quindi la storia di un singolo, che si erge come un gigante contro l’ipocrisia della società che lo circonda.
È la storia di una donna che è riuscita a trovare il coraggio di alzare la testa e ribellarsi a chi le imponeva di tenerla abbassata, che è riuscita a dare voce a un intero paese, una donna forte, una combattente per i propri diritti e per quelli di tutte le donne oppresse da una società patriarcale e dal fondamentalismo religioso.

Con “Memorie di una donna medico”, Nawal al-Sa’dawi crea una mappa della sua vita e della sua lotta pubblica e privata, ripercorre quei momenti per lei cruciali nella storia della sua esistenza che l’hanno portata a essere una delle voci fondamentali del femminismo arabo e, sebbene la strada verso l’indipendenza e l’uguaglianza per le donne sia ancora lunga, Nawal, proprio grazie alla sua ribellione, ha certamente dato un contributo non indifferente.

E, come per lo studente senza nome di Piazza Tiananmen o per Rosa Parks, che per prima si rifiutò di cedere il proprio posto a sedere a un bianco, la ribellione e il coraggio di Nawal al-Sa’dawi sono diventati oggi un simbolo e un esempio per tutte le donne del mondo.

 

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