Caro stronzo: terza lettera

Redazione / 21-09-2023

 

Di seguito riportiamo la terza delle migliori lettere inviateci in redazione e ispirate al romanzo di Virginie DespentesCaro stronzo.

L’autrice è anemonebooks.

Caro stronzo,

Il mio pensiero oggi va a te. Che mi hai fatta rabbrividire fin nelle ossa e sprofondare nella vergogna quando hai gridato alla mia schiena e alle mie gambe seminude “hey, bellissima”.

Un complimento tanto atteso da una ragazza che dalla tua bocca è uscito come un latrato cavernoso e pestilenziale, umido di bava ed eccitazione. Ad accompagnarlo un paio d’occhi di fuoco, scintille di fulmini nella notte.

Brividi freddi e pungenti mi sono affiorati sulla pelle come piccole lame silenziose. Il cuore era un tamburo impazzito nel petto, avanzava a tutta velocità come per ribellarsi da una gabbia toracica troppo spessa, troppo opprimente.

Stavo passeggiando verso la macchina, di ritorno dal lavoro. Non era una giornata particolarmente soleggiata ma si stavano affacciando le prime avvisaglie di primavera.

Temperature più miti, abbigliamento più audace, colorato e aperto rispetto all’inverno. Col freddo ci si sente costrette, avvolte in abiti caldi ma pesanti. La primavera invece è un risveglio in tutti i sensi per quelle come me. Anche per quelli come te, però.

Non so che cosa scatti nella mente di un uomo appena vede passare una ragazza che reputa carina, bella, strepitosa, magnifica.

Non so neanche perché si senta legittimato a fare commenti di gradimento ad alta voce, a voler sottolineare la sua posizione come un cane che marca il territorio con una pisciatina.

Gioca al macho, al Don Giovanni, al conquistatore.

Gioca però anche con i nostri sentimenti, con la nostra fiducia negli altri. E ci affossa.

Perché non sono semplicemente complimenti inaspettati e non richiesti.

Una parola come “bellissima” gridata dalla parte opposta di un marciapiede a una ragazza (non importa di che età sia) è semplicemente una violenza.

Si violano la sua privacy, il suo stato d’animo, lo spazio fisico e mentale che occupa e che le appartiene. Là si riduce a un mero oggetto del desiderio di un passante misogino e voglioso, che crede che sia solo “un complimento”, un gesto di cordiale apprezzamento per la mercanzia che attraversa il suo sguardo. I suoi dieci secondi di gloria della giornata.

Tante volte, per tanti anni è successa sempre la medesima scena. Un deja-vu che si propagava in loop. Si capiva che non era un disco rotto solo perché io ogni volta ero sempre più grande, testimone esperta di un fatto agghiacciante tanto prima quanto adesso.

Ti sei mai sentito esposto all’improvviso, caro stronzo?

Indifeso, vulnerabile, sguarnito?

Beh, io si. Noi si, ogni volta che voi uomini vi permettete certe libertà, piccole o grandi che siano.

Quel giorno però non sono stata in silenzio, caro stronzo. Quel pomeriggio di metà marzo io mi sono sentita stanca e arrabbiata e disturbata e triste.

Stanca per le innumerevoli volte che quel grido mi ha seguita nei vicoli.

Arrabbiata perché esposta e ho dovuto difendermi.

Disturbata per aver rovinato un quarto d’ora in cui ero spensierata e tranquilla.

Triste, perché l’acronimo dei miei stati d’animo è proprio Sad, letteralmente.

Ho detto quarto d’ora ma è una bugia perché come vedi, caro stronzo, sono ancora qui a ripensarci a distanza di anni.

Gesti del genere, libertà come quella del cat calling si trascinano dietro umori a terra, preoccupazioni, ansie, paranoie che non si esauriscono in pochi minuti. Perché la prossima volta che mi ritroverò sola per strada non mi sentirò al sicuro ma minacciata.

Sarò più sensibile al più piccolo mutamento d’aria, all’erta come una preda col cacciatore.

È proprio questa la metafora più calzante per descrivere episodi del genere. La strada il luogo di caccia. La donna la preda. L’uomo il cacciatore.

Che amarezza, caro stronzo.

Mi auguro che tu abbia una figlia femmina, non perché così possa subire quello che altri maschi come te fanno quotidianamente alle donne, ma perché ti insegni che cosa è il rispetto prima di tutto. Il vero rispetto.

Io a mia figlia lo insegnerò di certo.

Ho deciso di scrivere questa lettera perché è necessario che certe cose si sappiano. Si deve sapere. Si deve conoscere il peso di queste implicazioni. Ma si deve anche comprendere che noi non ce ne staremo zitte in silenzio a capo chino.

Sul web ci sono esperienze simili, esistono post, commenti e materiali a sostegno di tali cause perché la rete ormai è diventata il nostro altoparlante (nel bene e nel male), la nostra rete di ancoraggio a cui aggrapparsi per non sentirsi soli e incompresi.

Come ribatterai a questi fatti, caro stronzo? Forse con un post in cui cerchi di difenderti, che hai solo espresso un innocente apprezzamento verso una ragazza qualunque? Oppure sottolineando come io ti abbia “provocato”? O magari reagirai attaccandomi, dicendo che sono l’ennesima montata o frigida? Perché alla fine si riduce a questo, no? O puttana o santarellina.

Vediamo chi arriverà alla fine di questa battaglia, caro stronzo.

I miei più sinceri saluti.

Caro stronzo

Caro stronzo

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