Rita Brancato, Lorenza Entilli, Aurelio Castro / 21-06-2022

Tradurre questo testo e pubblicarlo con Fandango Libri ci ha dato la possibilità di concepire un formato innovativo per fare divulgazione tramite un medium a noi caro, la graphic novel, che riteniamo sia in grado di rendere più accessibili a chiunque concetti complessi come quelli legati all’identità di genere, il sesso, i rapporti tra generi nelle società e il binarismo sessuale.
Con questa pubblicazione ci auguriamo di contribuire alla diffusione di teorie e pratiche per comprendere e decostruire come mettiamo in scena il genere nelle nostre relazioni, nella società e in noi stessɜ.
Una tra tutte, l’invito alla lettura dello schwa (ə) per riferirsi in maniera estesa a più generi, senza escluderne nessuno, e anche per riferirsi specificatamente alle persone di generi non binari, di cui il volume parlerà approfonditamente.
Lo schwa si pronuncia tenendo la bocca in posizione rilassata, semiaperta, creando lo stesso suono dell’ultima vocale di letter in inglese, della prima vocale della parola petit in francese, o l’ultimo suono della parola jamm in napoletano. Nella traduzione abbiamo fatto delle scelte in continuità con il primo libro della collana, Queer. Una storia per immagini (Fandango Libri, 2021).
Oltre allo schwa, abbiamo mantenuto e non tradotto la parola “dyke”, termine usato per riferirsi offensivamente a una persona lesbica molto mascolina o androgina, poiché la parola “lesbica” nel contesto italiano non ha la stessa connotazione dispregiativa su cui ci fa riflettere il volume, pur essendo ancora usato come insulto (la stessa parola “dyke”, come tanti altri termini incluso queer o “frocio”, sono stati poi rivendicati dalle comunità LGBTQIA+ per riappropriarsene politicamente).
Abbiamo poi lasciato il termine “person of color” per riferirsi a persone non bianche in senso esteso e indicare tutti quei gruppi sociali che vengono razzializzati.
Rispetto a Queer. Una storia per immagini è stato aggiunto lo schwa plurale (ɜ) pronunciata come la ə, ma più aperta, poiché con il prosieguo del dibattito sulla schwa dell’ultimo anno è emersa la necessità di distinguere tra plurale e singolare in modo da facilitarne lettura e comprensione, ma anche come rivolgersi a un gruppo di persone di genere misto. Potreste aver sentito dire, quando si parla dello schwa, frasi come “il neutro è per le cose”.
Vogliamo ricordare, in tale proposito, che la questione riguarda l’abbattere il binarismo di genere nel linguaggio, e che esistono persone non binarie per cui si usa il genere neutro, persone alle quali è doveroso dare la dignità di riferirsi loro con un genere appropriato, e non con il maschile sovraesteso.
Vogliamo fare una breve considerazione sul termine “gender” e su come si è diffuso nel dibattito sociopolitico italiano, non per riferirsi al come “costruiamo” il genere nella vita quotidiana ma proprio per attaccare gli stessi studi di genere di cui si parla in questo volume.
Ci riferiamo alla teoria complottistica dell’ideologia o dell’agenda gender che a partire dagli anni Novanta si è sviluppata in ambienti ultrareligiosi e che sostiene l’esistenza di un accordo mondiale intento a distruggere la “famiglia e l’ordine naturale”, di cui sarebbero responsabili il femminismo e la comunità LGBTQIA+.
Di fatto, la teoria del gender non esiste se non nelle retoriche che sono state costruite per demonizzare chi fa ricerca su queste tematiche o chi, in contesti scolastici, educa al consenso, alle sessualità e all’affettività consapevole con un linguaggio adatto al grado scolastico di appartenenza.
Esistono, invece, gli studi di genere, o gender studies, e il loro grande contributo scientifico-sociale nell’indagare i rapporti tra generi e ridurre le disuguaglianze, discriminazioni e violenze basate su genere e orientamento sessuale.
Ampia è la letteratura scientifica, psicologica e pedagogica in particolare, per parlare ed educare al genere, oltre all’esistenza di linee guida europee e dell’Organizzazione Mondiale della Salute.
È interessante notare come chi si oppone politicamente al parlare di genere abbia deciso di inglesizzare il termine in “gender” per renderlo volutamente alieno dal nostro contesto nazionale quando, invece, il genere e l’identità di genere sono concetti indissolubilmente legati a noi, alle nostre relazioni e alle nostre identità, come ci auguriamo scoprirete in questo volume.

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