Pregiudizi, stereotipi e cattive pratiche: Il frutto della conoscenza

Passilunghienondistesi / 14 giugno

 

 

E se vi dicessi che John Harvey Kellog oltre ad aver inventato la famosa colazione a base di giallognoli e innaturali fiocchi di mais, ha speso parte della sua vita ad escogitare un modo per impedire alle donne di toccarsi i genitali, tra cui il pratico ed efficace scioglimento della clitoride nell’acido?

E cosa ne pensate di Sant’Agostino, che prima di cominciare a considerare il sesso un tradimento nei confronti di Dio, ha passato gli anni della sua adolescenza ad inquinare “l’amicizia con le lordure della concupiscenza” e ad offuscarne lo “splendore con gli umori della libidine”, e quindi, sostanzialmente sì, possiamo dire che anche il casto e puro Agostino ci dava spesso e con gusto?

Il corpo della donna è fetido e impuro”, professava Arnobio di Sicca a cavallo tra il Duecento e il Trecento, non discostandosi poi molto dal pensiero di svariati e numerosi altri tuttologi, che continuarono e continuano tutt’ora ad avere alcune teorie sul tema, assurgendo al ruolo di (in-)degni successori nel team degli Uomini che sono stati troppo interessati al cosiddetto “Organo Sessuale Femminile”.

Questo e, per la verità, tantissimo altro, è quello che troviamo all’interno de “Il frutto della conoscenza”, saggio a fumetti pubblicato da Fandango Libri, interamente pensato ed illustrato da Liv Strömquist, fumettista e dj radiofonica svedese, attiva a livello politico nell’ambito del femminismo e dei diritti umani.

Ok, siamo in buone mani; già da questi brevi cenni sull’autrice, sembrerebbe di potersi fidare.

Andando poi avanti con la lettura del testo è impossibile non ritenersi fortunati, e non esagero usando una parola del genere, per essere incappati in questo gioiellino.

La prima riflessione che emerge mentre, tra un’esclamazione di stupore per la scoperta di qualcosa di cui ignoravi la benché minima esistenza (e invece non solo quella cosa esiste, ma addirittura Liv ti mette le fonti!) e l’orrore nel renderti conto che certa gente è esistita davvero e ha oltretutto avuto modo di urlare a gran voce le proprie folli idee, ti spezzi letteralmente dal ridere grazie alla sagacia e all’ironia delle taglienti voci fuori campo che sono sparse qua e là per il fumetto (escono quando meno te l’aspetti e non si può non amarle), è che da questo libro si imparano un sacco di cose.

Il primo impatto con “Il frutto della conoscenza” ha il sapore di un frontale, uno scontro, abbastanza esplosivo, con una serie di informazioni storico-sociali che hanno come effetto quello di invadere la testa riempiendola di nozioni e riferimenti.

La cosa interessante di tutto questo però, è che a differenza di un saggio normale, dove fitte righe tutte appiccicate sciorinano contenuti super interessanti ma anche mortalmente noiosi e spesso impossibili da ricordare, la brevità e la freschezza (uso questa parola, vetusta e superata, perché mi sembra la più adatta) di una narrazione in disegno garantiscono la possibilità di ricordarsi praticamente tutto quello che viene letto.

Nella prima parte del libro quindi ci si ritrova ad imparare, in maniera diretta ed efficace, tantissime cose nuove.

Il cervello si attiva, pensa, frulla ed è impossibile arrivare alla fine di questa fase di lettura, senza avere almeno una decina di interrogativi, che presumibilmente esistono da sempre in potenza dentro di noi, ma che difficilmente nella vita quotidiana si riesce a trasformare in atto.

Ebbene qui accade, il lettore comincia a farsi un sacco di domande, ma Liv ha pensato proprio a tutto e infatti, terminata la fase iniziale, entra nel vivo della questione, fornendo una risposta e una spiegazione a tutti i dubbi che precedentemente ci hanno attanagliato.

Partendo dalle origini, l’autrice affronta tutti i temi legati alla sessualità femminile: per prima cosa come è fatto, biologicamente, questo organo sessuale femminile, che tanto è stato bistrattato nei secoli, ma che molti di noi ancora oggi, non sanno effettivamente da cosa e come sia strutturato?

Come è cambiata, nel tempo, la sua percezione, dall’epoca primitiva legata al culto della fertilità ai giorni nostri, dove si va in bagno a cambiare assorbente nascondendolo nella manica del maglione?

Quando abbiamo iniziato a considerare l’organo sessuale femminile come un fodero per una spada, un punto di approdo per qualcos’altro e non una realtà a sé stante, in grado, da sola di fare alcune cose, tra cui ovulare e provare orgasmi?

Non starò qui a scomodare Sartre (che per molti aspetti adoro, sia chiaro) e la sua discutibile idea di affibbiare alla donna l’attributo di “bucata”, ma in questa raccolta di pensieri, rivisitata in chiave ironica e saggistica, lo spazio per mettere in dubbio alcune certezze e rendersi conto che ancora molto vi è da fare, per approdare ad una consapevolezza maggiore e diffusa della realtà femminile e di tutte le dimensioni che da essa derivano, è tanto.

Gli spunti si susseguono uno dopo l’altro garantendo un’esperienza di lettura che si potrebbe facilmente espletare in un paio d’ore, offrendo del tempo di vera qualità, un tempo fatto di risate, riflessioni, confronto.

Un tempo capace di metterci davanti pregiudizi, stereotipi e cattive pratiche e di mostrarci come, nei secoli, essi abbiano contribuito a rendere misterioso e complesso, un aspetto che è più naturale che mai.

Non è facile condensare in poche righe l’effetto che una lettura di questo tipo è in grado di generare, perché il mezzo funziona bene, le immagini veicolano molto e le vignette concise e intelligenti spesso sono più efficaci di tante parole.

Mi trovo d’accordo con l’idea di una certa Rebecca di Goodreads, la cui opinione viene riportata sul retro del libro: “questo libro deve essere obbligatorio in tutte le scuole del mondo. Questa è vera educazione sessuale”.

 

 

Credo che fino a quando ci saranno tante cose non dette e non chiare, lasciate in sospeso e non approfondite perché “non sta bene”, “non è carino”, “non si deve fare”, sarà difficile avere, come donne in primis, ma anche come umanità più in generale, la percezione di quello che siamo davvero.

Come sempre tutto passa attraverso la cultura e la formazione, attraverso le politiche sociali e l’educazione, e quindi sì, perché no, un testo del genere può davvero aprire gli occhi sulla realtà.

Sogno un mondo dove le persone si vergognino di rubare, offendere e maltrattare, non dove il dover disegnare una vulva su un pannello di alluminio da inviare nello spazio a dei presunti alieni sia ritenuto sconveniente e fuori luogo.

Libri come questo possono aiutare a costruirlo, un mondo così.

Perché non ci proviamo?

 

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