Fandango Libri: Dalla parte di Pinar Selek!

La Turchia persegue nella lotta contro la libertà di pensiero: il procuratore della Corte suprema chiede l’annullamento dell’assoluzione di Pinar Selek

Ingiustamente accusata di terrorismo e assolta quattro volte, Pinar Selek subisce da 19 anni una vera tortura giudiziaria.

Il 25 gennaio 2017, il procuratore generale della Corte suprema turca chiede l’annullamento della quarta decisione di assoluzione pronunciata nel 2014 senza prove né elementi ulteriori. Questo nuovo segnale, che ha lo scopo di intimidire tutti coloro che osano criticare un sistema basato sulla violenza e sulla repressione, è una minaccia per Pinar Selek esiliata in Francia dal 2011 e per la sua famiglia in Turchia.

Una minaccia per la libertà di coscienza e di espressione.

Nata nel 1971 a Istanbul, Pinar Selek è nipote di Haki Selek, pioniere della sinistra rivoluzionaria, e figlia di Alp Selek, difensore dei diritti dell’Uomo e avvocato. Nel 1997 consegue un DEA di sociologia all’università di Mimar Sinan a Istanbul. I suoi studi vertono sui rapporti di dominio e la violenza. Si impegna al fianco degli esclusi della repubblica turca (donne, bambini di strada, persone senza fissa dimora, transessuali antimilitaristi…). Parallelamente avvia delle ricerche sulla questione curda recandosi più volte in Kurdistan, Francia e Germania per incontri e interviste.

A luglio del 1998, è arrestata dalla polizia. Incarcerata per complicità con il PKK, è torturata perché rifiuta di consegnare i nomi dei suoi interlocutori. In prigione apprende di essere accusata di attentato terroristico dopo l’esplosione di una bomba al mercato delle spezie di Istanbul. L’accusa si fonda su un’unica testimonianza strappata sotto tortura. Numerosi rapporti di esperti certificano che si è trattato di un’esplosione accidentale dovuta a una perdita di gas. Ma Pinar Selek passerà due anni e mezzo in prigione. In questo periodo scrive molto ma tutti i suoi testi vengono confiscati. Si associa alla “rivolta delle prigioni”, un vasto movimento di detenuti in lotta contro l’isolamento dei prigionieri politici. Una rete di solidarietà che coinvolge numerosi avvocati e intellettuali si mette in moto. Liberata nel 2000, continua a lottare e a scrivere. Nel 2009, una nuova decisione della Corte suprema la spinge a lasciare il paese. Esiliata in Germania e poi in Francia mentre si svolge il suo interminabile processo in Turchia, nel 2013 diventa dottore honoris causa alla Scuola Normale Superiore di Lione e ottiene nel 2014 un dottorato in Scienze politiche a Strasburgo.

Oggi insegna all’università Sophia-Antipolis di Nizza.

Un processo kafkiano: Pinar Selek viene rilasciata nel dicembre 2000 ma il ministero degli Interni e il dipartimento di polizia di Istanbul protestano e allegano al dossier un nuovo rapporto che insiste sul carattere criminale dell’esplosione. È l’inizio di un processo interminabile.

2006: 1a assoluzione, la corte d’Assise attesta la non esistenza di prove materiali. 2007: Appello, il procuratore chiede la condanna aggravata a vita.
2008 : 2a assoluzione.
2009: 2° appello del procuratore. L’affare è rinviato al cospetto di una nuova Corte d’assise.
2011: 3a assoluzione.
2012: La Corte annulla la sua stessa assoluzione, procedimento inedito nella storia del diritto.
2013: La Corte condanna Pinar Selek all’ergastolo ed emette un mandato d’arresto. I suoi avvocati contestano la legalità della decisione.
2014: 4a assoluzione dopo l’annullamento della condanna. 4° appello

2017 – il 25 gennaio, il procuratore generale della Corte Suprema pubblica la sua requisitoria dopo tre anni di silenzio: chiede una condanna all’ergastolo.

Dobbiamo continuare a sostenere e proteggere Pinar Selek.

La decisione ci cadrà addosso un giorno o l’altro, stabilita da giudici che si saranno riuniti a porte chiuse, senza avvocato né osservatore. Pinar Selek è il simbolo di una Turchia partigiana che deve continuare a pensare e a creare malgrado la repressione. Siamo preocupati della piega pericolosa che sta prendendo questo processo, soprattutto tenendo presente in clima politico estremamente teso in Turchia.


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