L’offerta viva di uno sguardo: intervista a Elisa Seitzinger

Redazione / 24 maggio 2019

 

Ciao Elisa, nel tuo sito c’è scritto che l’illustrazione e l’arte contemporanea ti interessano ma non ti ispirano e che disegni per chiarirti le idee. Parlaci un po’ della tua carriera di illustratrice.

 

Ho sempre disegnato e amato l’arte. In Italia respiriamo arte in ogni angolo e a me, oltre a colpirmi visivamente, è sempre interessata come linguaggio e forma espressiva.

Per questo dopo gli studi classici ho deciso di studiare illustrazione allo IED, dove oggi insegno, e storia dell’arte all’università.

Poi ho iniziato a usare il disegno per scopi commerciali, solo più tardi ho capito come armonizzare gli aspetti commerciali a quelli artistici. Quattro anni fa, dopo un viaggio in Sicilia, ho deciso che non avrei più disegnato solo per lavoro, ma anche per esprimere la mia personalità.

E ho iniziato un percorso autoriale: Elisa Seitzinger, con il cognome di mia nonna, a cui ero molto legata e che ha un cognome impronunciabile e più affascinante del mio.

 

 

Anche l’arte contemporanea e l’illustrazione m’interessano moltissimo, però è vero per ispirarmi sento la necessità di volgere lo sguardo al passato.

Tendo a ispirarmi più che altro a codici stilistici, più che a singoli artisti.

Per esempio, la mia attenzione è rapita dall’arte medievale sacra e cortese, dalle vetrate delle cattedrali gotiche ai codici miniati, dalla pittura dei primitivi italiani e fiamminghi, dalle icone russe e dai mosaici bizantini, dall’iconografia esoterica, dai tarocchi, dagli ex-voto, ma anche da tutta l’arte classica e dall’arte visiva degli anni ’20 e ’30.

Mi affascinano i simboli.

Sono ricchi di fascino perché la loro essenza ancestrale perdura nel corso della storia dell’uomo e, nonostante ci possano essere dei mutamenti a seconda delle epoche, questi mantengono un nucleo di significato universale a prescindere dal contesto; per questo sono oggetti formali perfetti e sintetici, plasmabili e immutabili, a volte ambigui, ma sempre attuali o attualizzabili.

Come illustratrice sono molto più fissata con la linea che con il colore.

Il colore per me è importantissimo, ma è più un accessorio, imprescindibile alla buona riuscita di un’illustrazione, ma pur sempre accessorio. Io disegno, non dipingo.

 

 

All’inizio utilizzavo solo colori primari, forse per l’esigenza di limitarmi e allo stesso tempo di ottenere il massimo contrasto possibile usando dei colori senza tempo e giocando a tetris con loro.

I tarocchi e il Bauhaus amano la stessa palette e di loro mi fido. Ultimamente però mi sto aprendo molto dal punto di vista cromatico e ho introdotto nuovi ingredienti, mi piace creare delle palette ad hoc che si sposino bene con i progetti e l’identità dei clienti.

Riguardo la mia carriera, a quanto pare sono stata citata due volte sul Post questo mese. La seconda è stata per la selezione delle mie opere alla mostra Illustri, nella Basilica Palladiana di Vicenza, che espone ogni due anni 11 illustratori “affermati” nel panorama italiano e internazionale.

Lo cito perché, oltre ad essere una grande soddisfazione personale, è un bene che la nostra categoria professionale emerga sempre di più.

 

Infatti la copertina di Febbre è tra le migliori del mese di maggio secondo il Post. Parlaci un po’ di questa copertina: com’è nato il progetto grafico?

 

Non è solo merito mio, Jonathan ha trovato me. A quanto pare lui aveva un mio poster appeso in camera, proprio la Santa Lucia con il testo di una canzone di Madonna (che entrambi amiamo) scritto a lato.

In seguito mi aveva contattato, anni fa, perché voleva farsi un tatuaggio con quella che sarebbe diventata l’immagine di copertina del suo libro, che ancora non era stato scritto.

Era la mia reinterpretazione della mano con gli occhi della Santa Lucia di Francesco del Cossa. La sentiva molto intima. Anch’io la sentivo intima, per ragioni diverse, ma in fondo simili.

Questi occhi sono l’emblema di un martirio, in questo caso un sopruso su una donna, ma sono anche dei fiori che sbocciano. Dal dolore può nascere qualcosa di bello. Bello, ma non canonico, non c’è spazio per la leziosità. Da questa immagine ho creato una spilla, volevo che diventasse una sorta di amuleto per chi la indossava.

Infine Jonathan me l’ha chiesta per la sua copertina e io non ho esitato ad accettare visto il feeling. Poi quando ho letto il libro ho capito perché ha voluto a tutti i costi quell’immagine. Quegli occhi sono Jonathan.

 

Perché credi che Jonathan abbia pensato alla tua illustrazione come copertina del suo libro?

 

Cito quello che lui stesso ha scritto a riguardo:

“Raffigura un’offerta, l’offerta viva di uno sguardo, di un punto di vista. Ecco come sono andate le cose o, più precisamente – come mi ha fatto notare il mio ragazzo –, ecco come io le viste, ecco il modo in cui mi sono apparse. Febbre è l’offerta di un punto di vista. Un reportage a ritroso nel segreto, in ciò che ci insegnano sia meglio non dire.”

 

Che ne pensi di Febbre?

 

Lo consiglio a tutti, è davvero molto bello. Ho avuto l’onore di divorarlo tra i primi. Non riuscivo a staccarmi e non mi capita spesso in questo periodo.

Quello che mi ha colpito di Jonathan è il suo punto di vista su tante cose che non vuole insegnare niente a nessuno, ma allo stesso tempo prende posizione e soprattutto la sua straordinaria capacità descrittiva, la sua prosa asciutta e “iperrealista” anche quando sconfina nella sfera dei sentimenti e da cui trae conclusioni niente affatto scontate.

Vorrei saperlo fare anch’io. Sinceramente lo invidio per questo. E lo ringrazio per averlo scritto.

 

 

Segui le ultime creazioni di Elisa.

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